CANE DA PRESA ITALIANO: IL CANE CORSO

Pizza, mafia e mandolino. Uno stereotipo usato per etichettare, con una punta di superiorità e disprezzo, l’Italia e il Sud in particolare. Ma la mafia ormai è un fenomeno globale con diramazioni internazionali (Bratva, Triade, Jacuza etc etc…). La pizza la si trova a tranci nei distributori automatici anche in Francia. E il mandolino non è peggiore dell’ultima canzone di Justin Biber.

Quello che però del Sud Italia è proprio, e che manca a gran parte del resto del mondo, è un cane da presa equilibrato, proporzionato e ad ampio spettro di utilizzo. Quello che gli altri non hanno è il Cane Corso.

Cane meridionale

L’antenato più accreditato del Cane Corso risulta essere il Canis Pugnax, un cane di generose dimensioni e potenza impiegato in ambito bellico dai romani. Quest’ultimo, a sua volta, sembra aver preso forma da incroci tra antichi molossi, grandi cani pastorali e cani da caccia.

Vinte le battaglie e fatto ritorno a Roma i cani pugnaces seguivano i generali e i legionari nelle zone limitrofe alla Capitale: Lazio ma anche Abruzzo, Puglia, Lucania e Calabria per dirne alcune. Dove assumevano ruoli di difesa della persona e guardia della proprietà.

Caduto l’Impero, il cane antenato del Corso è rimasto in quelle zone, diffondendovisi e arrivando fino in Sicilia, e impiegando le proprie qualità nel contesto rurale del tempo.

Il nome

La denominazione Cane Corso è la contrazione di Cane da Corso, ossia adibito ad una certa funzione indicata proprio dal termine corso.

Secondo alcuni, l’origine del termine risiederebbe nel latino “cohors”, parola che in epoca romana indicava la corte pretoria. Per cui, una funzione di difesa personale: cane da difesa.

Secondo il Dott. Paolo Breber, biologo ed esperto della razza, invece corso è da attribuire a “cors”, un termine provenzale che starebbe per “corpo” (Crescini 1905); ma non nell’accezione fisica di corpo, di persona fisica. Bensì, stante ad indicare l’ambito della campagna, della gestione del bestiame e della caccia, in contrapposizione alla denominazione da camera, la quale, in tempi passati, identificava i compiti domestici; e di conseguenza i servitori o gli animali in essi ricompresi.

Quale che sia effettivamente la genesi del nome, il Cane Corso sembra ben abbracciare entrambe le implicazioni pratiche. Come si vedrà a breve.

Non c’è fondamento e riscontro, dunque, riguardo la derivazione dalla, seppur similissima nel nome, Corsica; il Cane Corso è tutto e solo italiano.

Guardaspalle

L’attitudine del Canis Pugnax alla guerra innegabilmente ha fornito le basi per selezionare, nella figura del Corso, una vigile e risoluta guardia, della proprietà e della persona. Un po’ come accade con gli ex militari che si prestano alla protezione privata.

L’impiego e l’efficacia in battaglia presupponevano su tutto stazza, forza e un morso il più possibile letale del pugnax, che, di conseguenza, si consolidò come un molosso pesante- ossia la costruzione generale che coniuga al meglio le suddette caratteristiche.

Dopo la caduta dell’Impero, e venendo meno l’uso primario sul campo di battaglia, questa conformazione non si snaturò, ma iniziò a tendere al tipo mediano dello spettro anziché all’estremo più pesante. Così, il Corso si concretizza sul piano morfologico come un molosso equilibrato, e dunque duttile. Per intenderci: 64-68cm di altezza al garrese per i maschi, 60-64cm per le femmine per un peso di 45-50kg nei primi e 40-45kg nelle seconde; ed una lunghezza del tronco che eccede l’altezza al garrese di oltre il 10% (11% per la precisione).

Un animale sì grande, ma non esagerato. Cosicché coniughi un ottimo potere deterrente, un morso assolutamente vivo e tenace e al contempo la dinamicità necessaria all’azione. E’ questo il quid in più del Corso rispetto ad altre razze da guardia: la non eccessiva pesantezza gli permette di muoversi con agilità e resistenza e seguire il proprio padrone ovunque, difendendolo. Sotto questo aspetto-ossia la connessione e l’affiatamento col padrone- è del tutto plausibile che si sia mantenuto quel legame profondo, che in battaglia si traduce in questione di vita o di morte, che il pugnax condivideva col soldato romano.

A tratti bellico è anche, e ancora, il modus operandi del Corso. Attento e lucido nell’interpretazione delle situazioni, non concede troppi indugi prima di passare all’azione. La voce può essere usata a supporto della deterrenza o per segnalare al padrone un pericolo, ma se l’avvertimento non viene registrato si raccoglie ed esplode nell’attacco. Le seconde possibilità non sono la norma per il Corso.

Una ulteriore caratteristica funzionale, e distintiva, del Cane da Corso nella veste di guardaspalle è il mantello. Accoppiato ad una epidermide spessa e aderente è corto, molto denso, con leggero ma utile sottopelo in modo che sia protettivo senza essere limitante. E’ possibile in nero, grigio piombo, ardesia e grigio chiaro; ma anche fulvo chiaro e scuro, rosso cervo e frumentino. Nelle colorazioni più scure non solo amplifica la minacciosità della figura del cane a vantaggio del potere deterrente, bensì gli consente di servirsi dell’oscurità della notte- frazione del giorno prediletta dai malintenzionati- per mimetizzarsi e attaccare.

Le varianti più chiare, invece, lo rendono più idoneo al lavoro con il caldo, tipico delle giornate soleggiate del Sud Italia.

Il fatto che il Corso possa essere “vestito” in accordo a quelle che sono le esigenze o le ambientazioni di utilizzo predilette lo pone ai più alti livelli nella scala della versatilità.

Cane da presa

La guardia e la difesa, tuttavia, non esauriscono il Cane Corso.

A latere di queste, esso dimostra una profonda attitudine per il contesto agreste, in cui spicca come cane da presa.

E’ da presa quel cane – razza- selezionato per afferrare, bloccare e trattenere a mezzo del morso qualcosa o qualcuno su indicazione del padrone, fino a nuovo avviso o presa in carico.

Questa capacità si dimostra particolarmente significativa nella gestione del bestiame, nell’accezione più ampia ma anche più pragmatica del termine.

All’epoca della selezione del Corso, l’allevamento ed il commercio di armenti e suini erano esercizi diffusissimi e primari. A livello concreto si articolavano attraverso: marchiatura, separazione dei capi, confinamento in recinti, visite ed interventi veterinari in loco, visione degli esemplari e trasporto. Tutte incombenze il cui adempimento era fortemente agevolato dalla possibilità di bloccare, controllare, ammansire e manipolare l’animale; per cui venne impiegato il Cane Corso.

La presa, affinché sia sensata ed efficace, deve essere disciplinata. Al cane va insegnato a non afferrare indiscriminatamente, bensì a farlo con cognizione di causa in punti specifici, come gli orecchi o l’anello applicato al naso dei bovini (tori in particolare), o anche i garretti. E, cosa altrettanto importante, solo su specifico comando del padrone.

Quello che, invece, è patrimonio del cane, e non gli può essere semplicemente insegnato, sono le modalità di attuazione e gestione della presa. L’assunto cardine è che la presa vada tenuta fino a nuovo ordine o alla presa in carico da parte del padrone, a discapito di qualsivoglia stimolo negativo.

Così, sta al cane modulare la forza con cui serra i denti, in considerazione della natura e della taglia dell’animale che ha come obiettivo, del punto in cui gli si attacca nonché, a proposito di stimoli negativi, della reazione che la presa provoca. Parimenti è in capo al cane posizionarsi in modo da massimizzare l’effetto di tenuta della presa e al contempo minimizzare gli effetti della reazione del toro o del grosso maiale di turno.

Per quanto accurato possa essere il cane, tuttavia, i tentativi di liberarsi e gli attacchi dell’animale oggetto della presa sono parte del lavoro. Di più, sono quegli stimoli negativi, assieme ad interferenze di altri soggetti o ad agenti atmosferici, che il cane deve fronteggiare nell’esecuzione della sua funzione e a cui deve resistere. Perché è proprio questo ciò che qualifica un cane da presa. Resistere, costi quel che costi, what ever it takes.

Un livello così profondo di sopportazione al fastidio e finanche al dolore, tenendo imperterriti serrate le mandibole, non può essere semplicemente frutto della dedizione o dello spirito collaborativo verso il padrone, deve essere più radicato e recondito.

Secondo una teoria piuttosto interessante, quando il cane va in presa entra in una sorta di trance (“stato psicofisiologico di dissociazione funzionale in cui avvengono modificazioni anche di parametri fisiologici” – Treccani) che fa riemergere la condizione psicologica del cucciolo nelle primissime fasi di vita. Quella, ovvero, in cui la sopravvivenza dipende integralmente dal guadagnarsi una mammella e dal rimanervi agganciato, suggendo quanto più nutrimento possibile e incamerando il calore della madre.

Il che trova un avvallo nella collocazione dei molossi, quale appunto il Corso, presso il primo stadio della teoria neotenica, che postula la presenza di comportamenti e morfologia del cucciolo di lupo nel cane adulto secondo cinque stadi: 1- massima analogia, 5- minimo.

A livello più empirico, invece, la presa, per essere mantenuta salda e intatta, deve essere supportata da un morso corretto. Il quale a sua volta si realizza a mezzo di un cranio largo in modo da fornire una buona base per i muscoli temporali e masseteri, e che nel caso di specie registra una lunghezza pari alla larghezza, con arcate zigomatiche ben pronunciate. A seguire occorre un muso a base larga, di buona ma non eccessiva lunghezza cosicché possa consentire un corretto apporto di ossigeno quando la bocca è occupata, e tronco, in modo da fornire superficie di aderenza e resistenza alle forze di torsione. Infine, un morso corretto è esercitabile solo se la chiusura dentale è a forbice, dritta; il prognatismo sfalsa tutti i giochi di leva.

Le orecchie, come sono quelle del Corso, devono essere attaccate alte, cadenti e di forma triangolare, non troppo voluminose per non essere d’intralcio.

 

Sul fronte della psiche, il Corso dimostra tenacia, determinazione, indole calma con alta capacità di focalizzazione e nervi solidi. Perché se è vero che una volta avvenuta la presa il cane entra in uno stato dissociativo, è altrettanto vero che la presa non è che il culmine di una azione di perseveranza, concentrazione e analisi. E parimenti lo è il rilascio. Senza delle equilibrate doti psichiche il Corso sarebbe semplicemente inservibile; invece è un veterano che si muove con cognizione di causa e sapienza.

A caccia, con presa e picca

Servendosi del Cane Corso, si praticava poi la caccia con la picca. Una pratica venatoria piuttosto semplice ma dai tratti efferati.

Utilizzando sempre il cane in funzione della sua presa, veniva messo sulle tracce del cinghiale, con il cacciatore al seguito. Raggiunto il grosso suino il Corso sguainava le fauci andando a serrarle su di esso, bloccandolo. A questo punto sopraggiungeva l’uomo che con la picca, un lungo bastone fornito di punta metallica acuminata, iniziava a colpire il cinghiale, trattenuto dal cane, sino ad abbatterlo.

Soprassedendo agli aspetti di crudeltà e violenza di una simile pratica, essa se non altro testimonia la tenacia, la solidità di cui è capace il Corso nella presa.

Il dott. Paolo Breber, biologo, appassionato e principale recuperatore della razza, dopo averla rinvigorita ha posto il quesito: “abbiamo salvato il Corso, ma c’è ancora gente capace di usarlo?”. Questo per sottolineare come, oramai, a ciascun cane non venga che richiesto di essere comprensivo con i bambini, silenzioso e a misura di appartamento. Le attitudini e le capacità pragmatiche passano completamente in secondo, se non addirittura in terzo, piano. Una idea aberrante, svilente e infine mortificante, nonché ingiusta. Alcuni tipi, alcune razze, esistono con la sola funzione di fare da pupazzi agli infanti, ma sono appunto solo pupazzi; pretendere di ridurre a ciò cani selezionati con perizia, tempo ed esperienza è un atto di ignoranza smisurata.

Breber ha restituito al panorama cinofilo il Corso, adesso sta a noi preservarlo per quello che è davvero: il cane da presa italiano.

Francesco Predieri

Fonti: Il Cane da Corso Il cane da presa in Italia- Paolo Breber; Enciclopedia Internazionali Cani e razze canine; Standard Cane Corso-Amatori Cane Corso Italiano.

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